Fattore tempo?
Come dare in una sola immagine un intero periodo, un racconto?
Nelle chiese antiche, quando tanta gente non sapeva né leggere né scrivere e l’istruzione “ufficiale” passava soprattutto dalla Messa con la predica del Parroco, un dipinto raccontava in sintesi, con una sola immagine, un’intera vicenda. Chiunque, guardando il dipinto (l’affresco) e sentendo il racconto, si immedesimava e memorizzava la vicenda.
Cosa si evince dal disegno qui sopra? Che storia ci narra?
Siamo a Bodincomago, l’antico villaggio-mercato fluviale dei celti-liguri, poi romanizzato e divenuto il sostegno agricolo della ricca e operosa città romana di Industria, o siamo già a Laberianum (Lauriano) da esso derivato dopo che la peste, lo sgretolarsi dell’impero romano e le invasioni barbariche lo ridussero ad un modesto paese autarchicamente agricolo? È un periodo di transizione, miseria e povertà rispetto al precedente ma nel disegno vi sono punti importanti.
Iniziamo dall’alto. Il cielo è grigio, le montagne sono innevate, sarà il periodo invernale, ma è anche il preludio per quelle “piccole glaciazioni” che interessarono il mondo occidentale nel quinto e nel sesto secolo (536 “l’anno senza luce).
Ma sul Po (un tempo qui chiamato Bodinco) vi è ancora un vascello in transito; la navigazione fluviale, così florida in epoca romana, quando Industria era uno snodo commerciale (un “interporto”) di fondamentale importanza, ora si è ridotta a pochi scambi con l’altra riva, dove un paio di secoli dopo si insedieranno numerose comunità di longobardi e dove ormai vi sono i ruderi degli antichi scali commerciali delle ricche famiglie venete (Avili), tra le principali proprietarie di Industria e della Val D’Aosta.
I tetti del borgo sono in paglia, il villaggio è circondato da una palizzata, misera protezione rispetto alle antiche fortificazioni della Bodincomago celtica (oppidum), ma anche scarso baluardo in caso lo si volesse utilizzare come baluardo alla migrazione delle popolazioni barbariche.
Nel borgo si riconoscono alcuni edifici in solida muratura: la chiesa (parrocchia di Sant’Eusebio) che appare “grande” perché il borgo è piccolo, posizionata in quella zona che ora si affaccia sui prati del prete (dalla memoria della parrocchia bassa di Lauriano, fino al XVI secolo). La comunità è stata cristianizzata ma l’analisi dei reperti storici conferma che sia i culti romano-egizi, sia quelli cristiani, si sono sempre integrati e non si sono sostituiti agli antichi riti tribali, per la Grande Madre, per le energie degli elementi.
Un altro edificio è una grande costruzione, anch’essa con il tetto in cotto, è la Villa Cornelia (che poi diede il nome alla regione Cornegliana, nella periferia della regione Bodana, e mantenne il ruolo di fattoria nei secoli successivi).
Sull’altro lato del Rio di Abramo vi sono due costruzioni in muratura, una è quella che chiamiamo “Villa Laberia”, in quanto, se da un lato la presenza di due ville romane in zona è un fatto documentato già dall’archeologo Bernardino, conte della Morra, dall’altro l’attuale nome del paese trae origine dalla famiglia antico-romana Laberia (florida nel periodo imperiale in cui Bodincomago è citato da Plinio il Vecchio e dalle epigrafi) e che forse sopravvisse come presenza sul territorio anche nelle epoche successive, identificando a nuovo il luogo con il suo nome.
L’altra costruzione rurale è una “scelta dell’autore”; Bernardino Morra trovò i resti di una importante costruzione romana più a ovest, in una zona anomala per una “villa” ma appropriata per una fattoria prettamente utilizzabile a scopo rurale. Mancando l’ubicazione esatta della seconda villa e avendo numerosi reperti presenti nelle mura delle case del “Bricco Basso”, l’autore, per ragioni storiche e personali, ha voluto rappresentare questa costruzione in tale luogo, inserendola anche nelle vicende del suo romanzo “Eriros – Eco di voci”, ambientato nel primo e secondo secolo, a Bodincomago.
Da notare che nel disegno non si vede il ponte che permette il passaggio dal paese alle ville, esso doveva essere senz’altro presente nei secoli precedenti, posizionato esattamente come continuazione del cardo che tagliava in due il borgo e avendone un corrispettivo ad est, sull’altro torrente: il rio del Piano. Ora, nel quinto secolo, ci sarà ancora tale ponte? Probabilmente sì, ma forse si tratta di un passaggio fatto con tronchi messi di traverso sull’alveo.
In basso, dalla zona in cui ora si trova la regione Turna, e che va verso Moriondo, San Sebastiano Po, sta arrivando un gruppo di nomadi. Si tratta di Goti, conducono una mandria, non più di pecore, come era invece nell’antichissimo uso della transumanza di ovini (da cui il nome della famiglia celtico-romana degli Oviconi che diede almeno due pretoriani a Roma), presente in zona da millenni e che perdura tutt’oggi ai nostri giorni (fino agli anni ’50 del novecento era tradizione che i pastori in inverno lasciassero degli agnellini in cura ad alcuni bambini di Lauriano, loro ci giocavano e li allevavano fino in primavera quando, al ritorno, i pastori li riprendevano, dando in cambio alle famiglie lana e formaggio).
Vi sono invece bovini e maiali forse qualche capra, un miscuglio di “cibo” che accompagna questa popolazione migrante, guerriera per necessità, nomade per obbligo, essendo stata scacciata dalle sue terre da altre popolazioni.
La collina, un tempo coltivata a vigneto, adesso si sta trasformando in bosco: i “barbari” come unità di misura per il valore di un terreno usavano i “maiali”: quanti maiali è in grado di mantenere questo bosco? Più il bosco era ricco e nutriente per i maiali, più valeva. Metodo di valutazione inconcepibile in epoca romana ma che persistette fino a che “la roncola”, secoli dopo, non abbatté la selva per ridonare utilizzo agricolo alle colline.
Non si hanno notizie precise su cosa avvenne nei secoli tra la fine dell’impero romano e l’alto medioevo, si possono fare supposizioni, congetture, ipotizzando il passato a partire da quello che si è conservano in futuro, ma con una immagine possiamo dare un’occhiata a questa nostra radice che ancora ci nutre.
La bibliografia di riferimento è quella che abbiamo inserito in:
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