Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nei prossimi venti anni rivoluzionerà il mondo del lavoro, estinguendo alcune professioni (in Italia soprattutto legate ai settori dell’agricoltura e della pesca) che saranno sostituite dalle macchine gestite con le nuove tecnologie e sviluppandone altre, non solo direttamente connesse con il mondo della tecnologia (informatica, programmazione, robotica ecc.), bensì anche e soprattutto relative a facoltà umanistiche (sport, musica e arte), sociologia, progettazione e organizzazione del lavoro in team, intelligenza emotiva ecc.
Jerry Kaplan, imprenditore e scienziato della Silicon Valley, esperto e innovatore di strumenti informatici, autore del libro «Intelligenza artificiale guida al futuro prossimo» : “[…] Credo che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale sia simile alla rivoluzione industriale, perché si stanno creando nuove classi di macchine, in grado di svolgere compiti che finora richiedevano l’intelligenza o l’attenzione degli uomini. Come nella precedente ondata di automazione, alcuni tipi di mestieri scompariranno, per far posto ad altre classi di lavori. I mestieri che scompariranno saranno quelli che richiedono coordinazione fisica, come usare un martello, o guidare un’auto. Sono lavori per i quali, con l’avanzare dell’automazione, ci sarà sempre meno bisogno di esseri umani per svolgere quelle funzioni. […] Se in futuro vorrai essere assunto, il segreto sarà aumentare le capacità sociali, essere in grado di convincere le persone, riuscire a costruire emozioni, fondamentali saranno lo sport, la musica e l’arte. I governi non sono pronti per affrontare questa rivoluzione, stanno facendo un pessimo lavoro, loro vivono in modelli chiusi, noi viviamo in un mondo in cui ci sono regole per ogni cosa: come puoi lavorare, quando puoi essere licenziato, cosa succede se contravvieni alle regole; ma non si dice cosa bisogna fare per rendere possibile a chi non ha lavoro di essere produttivo per la società”.
Andrea Galdabino, manager risorse umane: “Quasi tutte le competenze di questa lista rientrano nel commitment, non è importante cosa si fa, ma è importante come lo si fa, […] per fare business l’azienda avrà sempre bisogno di persone connesse, di persone coordinate, di persone che hanno voglia di lavorare e di fare bene il loro lavoro, con flessibilità e impegno. […] Nei curriculum, le competenze di questo genere appaiono come delle parole vuote, vanno confermate a colloquio. Non c’è competenza dimostrabile in questo campo”.
Gabriele Toccafondi, sottosegretario MIUR: “Le competenze in maniera trasversale, come materie all’interno del percorso scolastico e anche universitario ci sono già e ci sono sempre di più: dal problem solving, alla creatività. Il punto è culturale in questo paese, noi ci dilaniamo culturalmente sul tema dell’alternanza scuola-lavoro che non è altro che questo, cioè andare a fare esperienze all’interno di un percorso lavorativo. Si comprende molto bene cosa vuole dire lavorare in equipe, in team o il tema della creatività”.
“Skill, will, commitment” cioè, a partire dalla lingua inglese, che deve essere conosciuta perfettamente, per lavorare occorre avere: le competenze idonee, la volontà di fare le cose e l’interazione tra base e direzione per poter fare sì che l’azienda possa funzionare nel modo migliore. Garantire le competenze in modo solido ma preparare una volontà più pronta ai cambiamenti e lavorare in un contesto organizzato che sia vincente.
Vedi il servizio completo, tratto da Video Rai TG3, fuori TG,
puntata di martedì 17 ottobre 2017: “Il collega robot”.
“Non c’è mai una seconda occasione di fare una prima buona impressione” (Oscar Wilde).
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