Silente assenza
In questi giorni di fosca umidità ghiacciata,
sento forte il suono della silente assenza di chi non ha più voce.
Manca quel tono che ha intriso gli istanti dei miei battiti di ciglia,
del mio aspirare aria di casa,
pregna di gusti tranquilli, di rumori di vita, di pensieri, di sogni.
L’ombra di un estinto bambino che schiamazza una corsa
nei vicoli tra i mobili e le sedie della cucina,
illuminata dalla zafferana luce d’un filo di rame,
gialla come le invecchiate fotografie d’istanti sbiaditi.
Sento le dita appiccicare i quaderni dal sapore umido,
educati a righe e quadretti,
in un groviglio di scarabocchi infantili,
un buco nel mezzo, ricorda il cancello di ruvida gomma.
Accanto al piatto c’è un libro aperto a metà,
posato tra le posate, macchiato e sgualcito,
un pirata malese con turbante urla l’assalto e accompagna il mio pasto.
Suoni di voci ormai spente,
la calligrafia di mani non più esistenti resta il solo intonso ricordo:
ripasso con la punta del dito su ogni consonante vocale
di quei tratti filiformi su carta infeltrita dai giorni.
Inspiro quei rotoli d’inchiostro
e come la punta di un grammofono sul disco di vinile,
mi torna alla mente l’eco delle voci d’infanzia
adagiate
nella penombra del sonno.
🐌
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