Se la mente dovesse andare ad analizzare tutti gli elementi vissuti durante una giornata, non avremmo tempo per decodificare tutto!
La natura ci ha perciò “programmato” in modo che prendiamo in considerazione solo alcuni aspetti della realtà che ci circonda.
Per poter automatizzare questo processo la mente costruisce delle “categorie” che hanno una certa “qualità” e che ci permettono di rispondere ad un evento, in maniera “coerente”.
Ad esempio, fin da bambini potrebbero averci insegnato che “quell’etnia è costituita solo da persone sporche, ladre e false”; il cervello ha radicato questo concetto, quindi, anche da adulti, quando sul pullman, sul treno, al supermercato ecc. ci si avvicina uno di loro, sapendo a che “categoria” appartiene, ed essendo quella categoria conosciuta da noi come “qualità” negativa e pericolosa, “coerentemente” alla nostra programmazione, rispondiamo all’incontro sociale con un atteggiamento viziato da un “pregiudizio”.
Se per caso ci accorgessimo che una persona di quell’etnia non corrispondesse al “pregiudizio”, la mente, sempre per semplificare, ci indurrebbe a pensare per “coerenza concettuale”: è l’eccezione che conferma la regola! Impedendoci di ampliare la nostra visuale.
Il meccanismo è naturale, l’educazione e l’esperienza sono soggettive (ognuno ha le sue); sapendo che la risposta naturale è viziata dal pregiudizio, se vogliamo essere disponibili al dialogo, dobbiamo essere noi, con volontà cosciente, ad accettare di mettere in atto delle dinamiche nuove rispetto a quelle automatiche.
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