illudentemente
Io penso che tu creda che io sia come tu vorresti che io fossi;
io penso che tu sia come io vorrei che tu fossi.
Saremmo ciò che vorremmo essere
se potessimo congiungere perfettamente il reciproco io,
immaginandoci integralmente,
senza illuderci con il pensiero,
così da concretizzare nel futuro l’unico volto del noi.
Ma io penso di essere chi sono
quando vedo il mio riflesso specchiato nel tuo sguardo.
Allora chi vedo io?
Me stesso o l’immagine di me che tu credi che io sia?
E se da tale reciproca illusione si generasse un noi,
quante nostre maschere coprirebbero il nostro unico volto,
impedendoci di assaporarne la vera essenza?
Da dove scaturisce il pensiero con cui crediamo di conoscerci?
Quanto è psiche razionale,
quanto è istintiva pulsione viscerale,
quanto è frutto empatico del cuore?
Navighiamo in solitudine in un immenso oceano,
sul cui fondale, sepolti dalla sabbia salata,
riposano miriadi di messaggi in bottiglia,
ricordi sedimentati e dimenticati di tanti istanti vissuti.
Come in una boccia di cristallo scossa dalla mano del bambino,
l’istinto pulsante intorbida la limpidezza dell’acqua profonda,
ogni tanto un messaggio torna a galla,
curiosa la psiche lo raccoglie, lo studia, l’analizza;
l’empatia lo assorbe, ascoltandone il canto,
assaporandone il gusto antico.
Il cuore si strugge al ricordo dissepolto,
il veliero vorrebbe sradicare l’ancora e fuggire,
ma l’oceano, immenso e vuoto, è contenuto nella sfera di cristallo,
posso navigarci in eterno, in eterno lì “io” sarò.
mai uscirò dal mio ristretto universo,
se con coscienza non sarò “noi”.
Ai perfettamente ragione Sergio a volte secondo me si deve fingere quello che non si e per carpire delle verità nascoste dalle persone che ti stanno vicino