Vi è un principio che si lega al tempo, ovvero alla quantità di attività mentale impiegata nell’uso di smartphone e computer.
Non è tanto la funzione a garantire l’utilità o il danno di uno strumento, bensì il tempo che gli si destina.
Sembra assurdo ma anche una funzione in sé positiva si trasforma in negativa se le si dedica troppo tempo, e tale valutazione può dipendere dal semplice fatto che non ne resta più per fare altro.
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Occorre programmare il tempo in modo da poter contenere tutte le espressioni che l’esistenza richiede. E vivere vuole dire «adattare» l’Io al mondo, in cui oggi c’è internet ma che non è internet.
Tratto da: Vittorino Andreoli – Baby Gang – Rizzoli
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