Quale pensiero ci appare in mente quando guardiamo un foglietto manoscritto?
La modalità con cui ci rivolgiamo alla scrittura è differente in base alla nostra cultura, età, professione ecc.
Facciamo un esempio pratico, dando un’occhiata a questo biglietto: una banale etichetta scritta a mano e appesa ad una damigiana.
Se il biglietto è letto da qualcuno interessato al contenuto della damigiana (vino, olio o quant’altro che sia), ecco che l’attenzione è attratta più che altro dal messaggio scritto.
Ma lo stesso biglietto potrebbe essere visto da un calligrafo, a questo punto, pur magari mantenendo l’interesse precedente, l’esperto sarebbe anche attratto dallo stile calligrafico della grafia.
Un perito grafico, di fronte a questo biglietto, sarebbe anche attratto dalla qualità chimica dell’inchiostro e della carta, dalla vetustà della scritta, dal rapporto spaziale delle lettere fra loro e nel contesto del foglio.
Un grafologo, di fronte ad un biglietto scritto a mano, è subito attratto dal carattere della persona scrivente, prima di “leggere” il messaggio, “vedrebbe” la persona che lo ha scritto: carattere, energia vitale, psicosomatizzazioni ecc.
Un analfabeta, guardando il biglietto…. vedrebbe solo un pezzo di carta con degli scarabocchi incomprensibili, una spia cercherebbe un significato nascosto, uno straniero tenterebbe di tradurre nella propria lingua ecc.
Perciò, di fronte alla stessa scrittura, i pensieri evocati dal messaggio, stimolano differenti livelli di attenzione e quindi sono soggettivi. Chi svolge un lavoro di analisi, deve oggettivare l’esame, facendo attenzione al “qui e ora”.
Ognuno di noi “vive” in modo soggettivo la stessa “realtà” degli altri, è compito del professionista, contestualizzare e chiarire a priori qual è il “setting” in cui si sta lavorando, potrebbe infatti succedere che le persone non si comprendano, perché ognuna riporta il discorso (scritto o verbale che sia) al suo personale modo di “vedere le cose” e non all’oggettività comune.
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