Gang: il fenomeno nelle città italiane

gangC’è una sorta di “mondo di mezzo” con cui si devono confrontare alcune grandi città del nord Italia, è la crescente invadenza delle gang, in particolare le gang di latinos, che dopo liti feroci di iniziazione impongono il pizzo, occupano sempre più le piazze dello spaccio. Nascono tendenzialmente nelle periferie ma poi occupano anche i centri delle città, un fenomeno che è stato troppo a lungo sottovalutato.

Le parole di Fabio Armao, sociologo, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino, esperto di gang:

“È un fenomeno che altri paesi conoscono già da decenni, si tratta di gruppi di giovani, gruppi di strada, che si associano per compiere reati legati al territorio (piccolo spaccio, scippi, furti, piccole estorsioni ecc.)

Hanno una forte identità sub-culturale: si danno delle regole, si danno dei nomi, scelgono dei marchi (nomi da attribuire ai membri del gruppo), hanno tutto un loro codice linguistico (simboli, tatuaggi), hanno una loro musica di riferimento. Quindi non sono semplici casi di devianza sociale; sono fenomeni complessi.

La violenza è intanto che impongono ai propri stessi membri: quasi tutte queste gang introducono dei riti di iniziazione. Per essere affiliati, per entrare a far parte del gruppo, bisogna superare un rito che in genere per i maschi consiste in un pestaggio, più o meno lungo da parte dei compagni di questa nuova gang. Per le ragazze si tratta molto spesso di veri e propri stupri di gruppo che segnano l’ingresso della giovane nella gang.

Quindi la violenza segna proprio tutte le fasi della gang fino dall’inizio. La violenza deve poi essere utilizzata nelle relazioni con le altre gang per il controllo del territorio. Questi gruppi competono per il controllo di strade, di pezzi di quartiere, ma poi molto spesso ai propri associati viene chiesto di esercitare la violenza anche nei confronti di cittadini ignari, perché fa parte anche questo delle prove che devono superare.

Questo vale per moltissime gang, a prescindere dall’etnia di origine. Quelle che si sono manifestate in questi giorni a Milano sono soprattutto gang ispaniche. Questi gruppi è chiaro che, come sempre è successo nella storia della criminalità organizzata, quando arrivano in un nuovo contesto urbano, si nascondono all’interno della propria comunità di appartenenza (la stessa cosa succedeva per i siciliani che sbarcavano a New York all’inizio del ‘900, andavano a Little Italy) e quindi la propria comunità di appartenenza subisce per prima delle violenze di questi gruppi.

Il ghetto urbano come è conosciuto e studiato nelle città americane, da noi per fortuna non esiste. Da noi sono arrivati recentemente, ma sono già presenti da tempo in altre città europee (Madrid, Barcellona, Londra).

Le singole questure delle grandi città come Milano, Torino, Genova, possono avere una stima dei giovani che in qualche modo si identificano e fanno parte di questi gruppi, ma questa stima è abbastanza volatile, anche perché i ritmi con cui queste gang si riproducono sono abbastanza elevati, anche perché se si vive all’interno di una un quartiere dove si manifesta un gruppo di questo genere, i giovani delle altre etnie tenderanno ad organizzarsi anche loro in gruppi della forma gang se non altro per motivi di autodifesa e di identità.

Quello che manca al momento e che stiamo tentando di fare a Torino è quello di creare una sorta di archivio che permetta di capire esattamente quali sono i gruppi presenti nelle varie città, anche per vedere qual è l’evoluzione dei gruppi nel tempo e come si spostano”.

Estratto da: Rai Radio1 – Voci del mattino del 22/11/2016 (dal minuto 22:o6 al minuto 22:50)

 

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