“I veri maestri stabiliscono un rapporto così saldo tra la vita e l’arte che per essi la vita diviene manifestazione dell’arte, così come l’arte diviene manifestazione della loro vita”. cit. Bubishi
Osserviamoci mentre mettiamo in pratica, nella nostra vita quotidiana, i principi e le competenze che riteniamo di avere, mi riferisco soprattutto all’ambito marziale, ma allargando il concetto in modo che dall’aspetto fisico e psicologico dell’arte marziale, si giunga anche all’aspetto trascendente e spirituale.
Stiamo vivendo come la nostra arte ci insegna? Stiamo vivendo così come insegniamo agli altri con la nostra arte?
Se siamo onesti e coerenti, se l’arte marziale non è solo una maschera per nascondere la nostra vera identità, allora sì, l’arte risuona in noi, nell’immanente e nel trascendente. Se invece veniamo a compromessi, perché certe cose sono relative alla “palestra” (in tal caso non la si può chiamare neppure “dojo”), mentre altre sono relative alla vita quotidiana, ritenuta vera realtà, allora viviamo nell’illusione. A quel punto il “grado” (il colore della cintura) non conta, è un fregio vano di una persona vacua.
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