Karate – 空手
Kara-Te = mano vuota.
Il Karate praticato oggi a livello internazionale e sportivo ha mantenuto molti aspetti dell’Arte Marziale originaria, proveniente da Okinawa e dalle Isole Ryukyu (situate tra il Giappone e la Cina).
Occorre però “contestualizzare” gli insegnamenti originari, tratti dal Maestro Gichin Funakoshi, per comprendere l’efficacia delle tecniche che furono ideate ed applicate da persone con caratteristiche molto diverse da quelle degli occidentali moderni.
Okinawa era un’isola appartenente al Giappone feudale della fine del XIX secolo, qui il popolo conduceva una vita ricca di lavori manuali, non possedeva quasi degli strumenti meccanici per alleviare la fatica e conduceva uno stile di vita strettamente legato all’agricoltura e all’allevamento.
Lo “sport” più praticato era il “Tegumi” [parola che si scrive con gli stessi ideogrammi di Kumite (il combattimento del Karate) ma invertiti], si trattava di una lotta corpo a corpo, simile al Sumo e al Judo nella fase “in piedi”, o al Jiu-jistu (Ne-waza), nella fase a terra.
Gli incontri potevano anche essere svolti tra un solo contendente, immobilizzato a terra da più avversari.
Essendo uno sport praticato fin da bambini (come adesso lo è per noi il calcio), si può supporre che le fasi salienti di un combattimento corpo a corpo e lotta a terra, fossero ben conosciute e praticate dagli abitanti di Okinawa e dintorni.
Quello che “mancava” erano le tecniche di percussione (che nel Tegumi erano vietate) cioè calci, pugni, gomitate ecc. Ed ecco che il Karate in quel contesto poteva colmare questa mancanza.
Il Karate, inizialmente divulgato in modo segreto a persone di ceto medio-alto, iniziò a diffondersi a livello di massa, da quando fu inserito nelle scuole elementari.
Il Karate ha delle tecniche atte a provocare dei danni fisici in modo rapido, concreto e tangibile. Ma questi colpi hanno efficacia se sono portati con estrema precisione da persone abituate a colpire con potenza senza farsi male.
In quell’epoca remota era praticato da persone “rudi”, con mani rese callose e dure dai faticosi lavori manuali e gambe abituate a camminare per decine di chilometri al giorno, magari a piedi nudi o calzando zoccoli di legno.
Sapendo già cavarsela sia nella lotta in piedi che a terra, anche contro più contendenti in contemporanea, il Karate offriva tanti strumenti in più ai suoi praticanti, in modo da renderli completi e avvantaggiati rispetto agli avversari.
Differente è il contesto attuale, dove il corpo non è più abituato fin dall’alba a sollevare pesi (anche solo per attingere l’acqua dal pozzo), irrobustire i muscoli per ore ed ore al giorno falciando l’erba, battendo il grano (con i Nunchaku), portando pesi di decine di chilogrammi sulle spalle o trainandoli con slitte.
Ecco che si può comprendere come, nel contesto attuale, il Karate originario sia di difficile applicazione, essendo cambiato lo stile di vita e quindi l’abitudine del corpo di sopportare lo stress derivante dal portare pugni o calci con estrema violenza (si sa che, tirando un pugno a mani nude, è più probabile rompersi le dita, piuttosto che mettere ko un avversario).
Se poi si considera che nel Karate di base non vi è l’immediata pratica del “Tegumi”, si rischia che gli atleti, pur essendo bravi nella competizione agonistica, siano impreparati nel caso in cui si trovino coinvolti in un’aggressione reale e, com’è probabile, debbano lottare a terra.
Studiando le origini di un’arte si può apprezzarne e comprenderne meglio i concetti, rendendoli adeguati all’epoca in cui si vive.
Articoli di approfondimento:
- Gichin Funakoshi: Karate per tutti
- 10° Dan
- Tegumi e Kumite – il combattimento di Okinawa
- 1901: Karate alle elementari
- Metodi di “liberazione”
- Raffinatezza Marziale
- Tokyo 2020: Karate sport olimpico
Fonti storiche tratte da: Gichin Funakoshi – Karate Do (il mio stile di vita) – Edizioni Mediterranee.
Leave a Comment