Singhiozzo: dalla lotta preistorica all’avventatezza del nostro tempo

Dopo lunga attesa e mille pericoli, una tribù preistorica è finalmente riuscita a catturare una preda: tutto il clan, uomini, donne e bambini, possono riunirsi e nutrirsi.

All’improvviso però, attratti dall’odore, altre feroci belve si avvicinano al gruppo. Nel giro di pochi istanti i cacciatori diventano prede e devono difendere sia il cibo sia la loro stessa esistenza. Non c’è tempo per digerire, accortisi del pericolo, inconsciamente contraggono il piloro (la valvola che connette lo stomaco al duodeno), perché la digestione assorbe enormi quantitativi di circolazione sanguigna, infiacchendo il resto del corpo, e sottraendo le energie per scappare o per combattere. È una sensazione di “pugno nello stomaco” ma permette di interrompere la digestione per dedicarsi integralmente alla fuga o alla lotta.

Chi non automatizza questo meccanismo, soccombe, non si riproduce e i suoi geni si estinguono.

Passano i millenni, ora viviamo in un mondo tecnologico, dove conta il ragionamento, la forma esteriore, il rispetto di orari e ritmi che non seguono i cicli della natura.

Oggi la lotta è in ufficio, in fabbrica, in automobile. Non vi è più un combattimento fisico, non vi è più una reale fuga di corsa, ma lo stress di relazionarsi con altri, da cui ci sentiamo giudicati, da cui desideriamo conferme del nostro valore, da cui vorremmo allontanarci ma la necessità ci costringe a “far buon viso a cattivo gioco”, ci fanno sentire minacciati e inadeguati, allora il nostro corpo, memore dei suoi antenati preistorici, contrae i potenti muscoli del piloro e ripropone anche a noi l’ancestrale “pugno nello stomaco”.

Il nutrimento è ingurgitato distrattamente, non vi è più relazione tra lavoro e cibo (catturo, uccido e divoro la preda), oggi si guadagna del denaro che poi serve per comprare alimenti confezionati, prodotti da delle industrie.

Se non si presta attenzione al cibo, la mancanza di calma e di godimento, di consapevolizzazione del frutto del nostro lavoro ci allontana dalla realtà, chiarendo che il nostro agire è superficiale, frettoloso, perciò inadeguato. A questo punto, stimolato da ansia, originata da senso di colpa, il diaframma si contrae involontariamente, provocando il singhiozzo. Il corpo ci sta consigliando, dicendoci: “stai agendo in modo avventato, renditene conto a livello cosciente, io non accetto questo cibo perché è arido, non è vissuto con coscienza”.

Il nutrimento è anche dedicare tempo al cibo, è approfondire il gusto, assaporare l’aspetto e il colore, è consapevolizzare il benessere della condivisione, mangiando in un ambiente conviviale.

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Approfondimento tratto da: Maria Piffer – La purificazione del corpo – Editrice La Grafica

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