“L’istruzione è l’arma più potente che noi possiamo usare per cambiare il mondo”. Nelson Mandela
In Astrologia Psicofisica vi è una posizione particolare del Tema che si riferisce alla parte disonesta della personalità. Essa è simbolicamente riferita alla stella Algol, il cui nome deriva dall’arabo e significa: “Testa del Demonio”.
L’attuale Era è definita Kaliyuga (Era del punteggio perdente) perché è caratterizzata da oscurità spirituale, ignoranza intellettiva e conflittualità sociale, che a loro volta sono fonte di egoismo, cinismo e oppressione.
Chi vuole dominare con tirannica prepotenza, fomenta l’ignoranza, divide le forze altrui e poi plagia, blandisce e schiavizza con sprezzante menefreghismo.
Ogni tanto capita di sentire qualcuno che, con una “visione mistica” scorge intorno a sé i simboli del “diavolo”: il numero 666, facce da caprone, pentacoli, puzze di zolfo e quant’altro la fantasia popolare ha saputo estrarre dall’inconscio collettivo.
Intanto è utile contestualizzare che il diavolo con questa forma simbolica è una figura pittoresca caratteristica dei luoghi comuni e della superstizione del mondo occidentale; altre civiltà non hanno la stessa rappresentazione umanizzata e unitaria dei demoni, bensì li separano in tante sfaccettature, integrandoli nei lati caratteriali delle divinità o delle forze della natura. Perciò, “vedere” i simboli di un “particolare diavolo” significa essere abituati a immaginare il “male” sotto un particolare aspetto, questo atteggiamento superficiale non è quindi indice di imparzialità.
Per fare chiarezza, approfondiamo l’argomento, aiutandoci con la carta dei tarocchi numero 15, realizzata magistralmente da Joseph Paul Oswald Wirth.
Sapendo, che ognuna delle 22 carte degli Arcani maggiori rappresenta delle qualità umane, insite interiormente al nostro animo, chi è in realtà il diavolo?
Il diavolo ha una “bacchetta magica” infuocata, al contrario delle bacchette di altri personaggi dei tarocchi, la sua “brucia” e si consuma; il diavolo quindi “consuma” energia senza generarne della nuova.
Il diavolo ha parecchi simboli confusi: maschio-femmina, bestia-umano ed è dotato come una chimera di attributi tratti da animali dissimili: rettile, alato, caprone, umano. Quindi non c’è chiarezza e linearità, bensì dà un’immagine di sé “interpretabile” a seconda dell’occasione, indice di atteggiamento subdolo.
Uniti al suo trono cubico vi sono legati due demoni minori, con l’aspetto grottesco ma l’espressione del viso serena, perché, nonostante siano schiavi, sono soddisfatti di potersi appoggiare al potere del diavolo (dividi e impera).
Se il diavolo consuma senza produrre, da chi trae l’energia per sussistere? Dai suoi schiavi!
Il diavolo è quindi anche l’atteggiamento del pigro che si camuffa per approfittarsi degli altri senza dare in cambio ciò che lui depaupera.
Perché i due demoni lo osannano anziché liberarsi? Perché, ignorantemente e incautamente, presumono che, blandendolo, possono avere a loro volta un beneficio senza sforzo: “Io ti do il mio appoggio, sperando che tu mi darai quell’incarico, oppure mi riconoscerai quel titolo, oppure mi eviterai quella responsabilità”.
Chi da se stesso “estrae” questo simbolo, inizia a far chiarezza che si sta comportando da parassita, che sta vivendo a spese degli altri, che il mondo si sta impoverendo per colpa del suo menefreghismo e della sua irresponsabilità.
Perciò, se ci accorgessimo di questa “infausta visualizzazione”, prima di angosciarci e arrivare a intricati esorcismi, meglio consapevolizzare quando e con chi ci comportiamo da parassiti, approfittandoci della buona fede di chi crede in noi e ci vuole sinceramente bene, in modo da evitare in futuro di comportarci in modo incosciente, dissipando in modo avventato la ricchezza che ci circonda.
Quando il debole si rivolge al forte e, per timore di inadeguatezza, con occulte lusinghe, cerca di trarne vantaggio senza offrire in cambio un equo corrispettivo, si crea un circolo vizioso, in cui, anche il saggio può essere vittima del desiderio di dominio e, sfruttando le sue capacità, con maggiore potenza, può plagiare chi a lui si è rivolto, con intenzione onesta, ma con amoralità inconscia.
Qui di seguito traggo dalla educativa saggezza di J.R.R. Tolkien poche righe con le quali il magistrale autore spiega l’importanza della responsabilità di chi possiede il potere:
“Queste sono domande senza risposta”, disse Gandalf. “Puoi credere che ciò non è dovuto ad alcun merito particolare o personale: non certo per via della forza o della sapienza, in ogni caso. Ma sei stato scelto tu, ed hai dunque il dovere di adoperare tutta la forza, l’intelligenza ed il coraggio di cui puoi disporre”.
(Frodo): “Ma posseggo talmente poco di tutto ciò! Tu sei saggio e potente, prendilo tu l’Anello!”. “No!”, gridò Gandalf, saltando in piedi. “Con quel potere, il mio diventerebbe troppo grande e troppo terribile. E su di me l’Anello acquisterebbe un potere ancor più spaventoso e diabolico”. I suoi occhi lanciarono fiamme ed il suo viso fu illuminato da un fuoco interno.
“Non mi tentare! Non desidero eguagliare l’Oscuro Signore. Se il mio cuore lo desidera, è solo per pietà, pietà per i deboli, e bisogno di forza per compiere il bene. Ma non mi tentare! Non oso prenderlo, nemmeno per custodirlo senza adoperarlo. Il desiderio sarebbe troppo irresistibile per le mie forze. Ne avrei tanto bisogno: grandi pericoli mi attendono”.
Andò alla finestra e spalancò tende ed imposte. La luce del sole inondò nuovamente la stanza.
J.R.R. Tolkien – Il Signore degli anelli – La compagnia dell’anello – Edizioni Mondadori
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