Ho il polso della situazione in diretta, lo stress per alcuni soggetti sta diventando insostenibile, purtroppo ogni giorno aumentano i casi di chi perde il controllo e crolla con stati d’animo depressivi o prende impulsive decisioni inconsulte per “sclero”.
Inoltre, si nota, che persone apparentemente più fragili, ma che in realtà stanno bene “da sole” vivono meglio questa condizione di isolamento rispetto a persone che si ritenevano più solide e responsabili ma che ora, isolate (da sole con i loro “fantasmi” che non hanno mai voluto osservare da vicino con uno specchio di saggezza) stanno crollando. Ma tanto la psiche è una “curiosità”, è più importante aprire le catene di montaggio e costruire pezzi di automobili da inviare alle multinazionali estere (Charlie Chaplin ci insegni questa importanza dei tempi moderni)…
Invece la mia opinione e proposta è:
per prima cosa si aprano i musei, si renda possibile, a piccoli gruppi ma a tutti, di visitare le meravigliose opere d’arte che abbiamo (un quarto di secolo fa lavoravo a Firenze, mi trasferivo a piedi da un punto all’altro della città, passando davanti al Duomo, ci entravo, mi rilassavo e poi ripartivo, sono andato in Duomo con la famiglia altre volte, l’ultima, 5 o 6 anni fa, per entrare occorreva prenotare, e con prenotazione si attendeva in una coda di ore….) l’arte apre i polmoni, dà speranza, porta all’estasi; questa è la ripresa.
La lezione riparta dalla natura, le classi vadano a “sporcarsi le mani di terra e lavorino con animali”, questa è la ripresa, questa è la convalescenza.
I polmoni, nella medicina tradizionale orientale, sono legati alla tristezza, si indeboliscono e si ammalano quando si è tristi; gli ammalati di tubercolosi erano curati nel verde di collina e montagna. Ora c’è bisogno di respiro, non di tristezza, non di una buia catena di montaggio, ma di natura, aria pura, acqua limpida (acqua di roccia di sorgente di montagna), c’è bisogno di camminare.
Invece ci si orienta in un’epoca in cui, anziché “scappare in vacanza” come ogni anno, si torna a scuola o al lavoro, in strutture fatiscenti, pagando a caro prezzo i trasporti, in ambienti bui e tetri, con l’obbligo di essere produttivi, perché si è valutati per ciò che si fa per delle “imprese inanimate” e non per chi si è come persona, siamo singoli individui in una collettività. Con questo stress aumenterà l’uso dei mezzi privati (considerati obsoleti e inquinanti, perciò saranno tassati ulteriormente, facendoci sentire “sporchi” perché inquiniamo, e “poveri”, perché non li cambiamo); questo farà aumentare il prezzo dei carburanti (ora costano meno e non ci si muove, quando ci muoveremo vedremo a nostre spese l’aumento dei prezzi); farà aumentare l’inquinamento (nuovi divieti, nuove tasse, nuovo disagio).
Viceversa, come dopo un nubifragio con grandine, nell’aria pura, usciamo, guardiamo cosa c’è di bello, facciamo lavori pratici, immediati, e allora, rigenerati, produrremo meglio, togliendo anche questo strumento di tortura che uno stato funziona bene quando il suo PIL cresce, perché deve crescere, crescere, crescere?
Dobbiamo badare alla qualità della vita, vi sono interi quartieri delle città europee nei quali il quartiere è “indipendente” per l’energia: il quartiere, tutto insieme, produce energia elettrica fotovoltaica e idroelettrica, tutti i giardini, i terrazzi e i balconi producono ortaggi, il riscaldamento è autonomo, le case sono costruite con materiali semplici e isolanti, ben coibentate.
I nostri nuovi quartieri, costruiti più o meno negli stessi anni, sono così?! Perché no? Chi ha fatto proposte di quel genere utile per tutti, anziché costruire dei dormitori di cemento armato (che fra trent’anni si sgretolerà), magari a ridosso di una ferrovia?
Questa idea sarebbe utopia se non si potesse realizzare, in realtà è già stata realizzata in altre società, quindi è la società che non accetta e non permette la ristrutturazione virtuosa, non è l’impossibilità tecnica.
La società siamo noi, la società parte dalla scuola, la scuola diventi il substrato per la prossima virtuosa società, ma fino a che a scuola si va per obbligo e non per piacere (qualunque bambino, fin dalla nascita vuole imparare e lavorare, poi, da quando entra nella scuola, spesso perde questa naturale volontà) quando la scuola non è calda ma fredda (una stufa a legna alimentata dai bambini delle elementari che con senso di responsabilità controllano il funzionamento e la sicurezza è per me più formativa e utile al benessere globale del teleriscaldamento, prodotto in immensi paesaggi di immondizia che ammorbano l’aria a chilometri di distanza e che danno il “caldo torrido” in nella classe al terzo piano (finestre aperte anche in pieno inverno) e il freddo eterno in nelle classi ubicate al pianterreno o addirittura negli scantinati.
Mai una scelta a misura individuale, mai tenere conto che siamo animali con due occhi frontali (cioè predatori), non laterali (prede), e che quindi l’aggressività è in noi, se la tarpiamo e non la sublimiamo diventa esplosiva.
Io ho per mia natura una visione olistica, ogni strumento ed ogni materia è utile per un’altra, siamo tutti interconnessi, ma siamo tutti individui, il corpo è il frutto della concretizzazione dei pensieri nel contesto in cui vivono, perciò nutriamo virtuosamente i pensieri, coltiviamo virtuosamente l’ambiente e vivremo meglio, con tante difficoltà, con divergenze e con incomprensioni, ma decisamente meglio di un mondo stile “Tempi Moderni” che già stava distruggendo la vivace creatività che ci contraddistingue, ma che ora, soprattutto nel nostro contesto italiano, sarà ancora più deprimente e penalizzante se si prospetterà con quella burocratica aridità che appare da cosa sappiamo della nuova fase.
“L’arte infatti è vita ed è una forma suprema di vita, perché l’arte è qualcosa che genera, che rinnova e quindi l’artista è colui che va oltre la vita, perché la ricrea ogni volta che crea un’opera d’arte” (cit.)
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