La nostra mente è in grado di immaginare le esperienze come se fossero reali, allenandosi a gioire e soffrire, godere e temere, trattenere e lasciare, in un universo di emozioni che poi si riversano a livello chimico ed elettrico nell’intero corpo, modificandolo di conseguenza e inducendo l’individuo ad assumere un certo atteggiamento ed una certa postura nei confronti degli altri.
Per stimolare la forza di volontà, nelle popolazioni ancestrali si meditava e si interiorizzava il “totem”, cioè l’animale sacro di riferimento.
Il lupo, il leone, la tigre, simboleggiano l’aggressività e l’audacia, il falco è sinonimo di velocità e vista acuta; nelle popolazioni native americane il totem può essere potente bisonte mentre in India l’elefante è simbolo di forza e saggezza.
Ma anche il mondo vegetale può offrire dei totem: la quercia, simbolo di tenacia, il salice, simbolo di flessibilità, e…. i fiori.
Nella preistoria vi fu già l’usanza di lasciare dei fiori sulle tombe dei morti. Il fiore genera vita, è un importante simbolo maschile, generato da una gemma che rompe la quiescenza del legno dormiente, svetta su uno stelo proteso verso il cielo, sboccia in un nugolo di colori e forme sgargianti, mettendosi in mostra come la ruota del pavone (in natura in genere sono i maschi a “pavoneggiarsi”).
Meditare sui fiori, interiorizzare l’abilità maschile di mettersi in mostra, attirando su di sé l’attenzione, rimanendo fermi al proprio posto, proteggendo la pianta madre e sacrificandosi per preservare e continuare la specie è un totem ricco di patriottismo.
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