Perché ci si ricorda meglio gli avvenimenti che accaddero quando si era bambini e sembra che si dimentichino subito i fatti più recenti?
Il cervello del neonato è un “hard disk” nuovo e libero nel quale si possono installare programmi e applicazioni essenziali per la sopravvivenza: nutrirsi, muoversi, comunicare ecc.
Con lentezza e ripetitività, le notizie sono ripassate e riprodotte di continuo dalla “mente bambina” e si radicano profondamente.
Qualcuno ha supposto con dei calcoli complessi che il cervello sia paragonabile ad un computer con un hard disk capiente 4 milioni di Giga byte, quindi per “riempirlo tutto” ce ne dobbiamo mettere di informazioni, difficilmente riusciremmo a “intasarlo”.
Ma, per funzionare al meglio, la natura ha scelto di archiviare i dati in modo che siano di pronto utilizzo solo quelli veramente più importanti, trascurando quelli marginali.
Quindi, passando gli anni, l’hard disk cerebrale perfeziona notevoli abilità (astrazione, logica, ecc.) ma cerca anche di risolvere i problemi attraverso la “via più breve”: se un avvenimento assomiglia ad altri e non è ritenuto rilevante, può non essere preso in considerazione ed è memorizzato in un cantuccio oscuro e microscopico, nel caos delle informazioni inutili.
Ad esempio, ricordarsi a quaranta, cinquanta o sessant’anni cosa si è mangiato la sera prima a cena, probabilmente non è di fondamentale importanza per il cervello, perciò, pur avendola vissuta, questa esperienza, è memorizzata solo marginalmente. Al contrario, il primo giorno di scuola potrebbe avere un’incidenza emotiva così alta che i momenti più importanti sarebbero rievocati tante volte, radicandosi in modo stabile per tutta la vita.
Su questo meccanismo agiscono i “messaggi subliminali” che sono costruiti appunto per essere memorizzati “distrattamente” ma poi, come un malware informatico (virus informatico), giunti nel profondo si espandono e agiscono nell’ombra, senza che ce ne accorgiamo coscientemente.
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