Il Salice del Jiu-jitsu e la Betulla delle Alpi friulane

fotografia di Giovanni Sapetti

Narra la leggenda che il medico giapponese Shirobei Akiyama, dopo un’eccezionale nevicata che aveva spezzato la maggior parte delle piante più robuste, notò che i rami di un salice erano intatti. Non appena i flessibili rami del salice erano sovraccarichi, si piegavano, lasciando cadere a terra la neve e riprendendo la posizione iniziale senza aver subito danni. Da qui il medico applicò il principio della “non resistenza” al Jiu-jitsu.

Le arti marziali vissute nello Zen  e nel Bushido sono un Percorso di Vita.

Lo scrittore ertano Mauro Corona, poeta, scultore e narratore della natura, ci porta il colore e il sapore dell’antica tradizione friulana con la medesima osservazione:

“….Cielo di marmo, cielo di neve…. noccioli e sambuchi si stirano gemendo: sentono il peso sulle braccia.

Hanno braccia delicate ma testarde.

La neve ne spaccherà parecchie di quelle braccia perché non cedono, vogliono resistere, non si piegano, piuttosto si fanno rompere.

Le betulle invece, che sono furbe, hanno stile, arguzia, e non conoscono orgoglio e cocciutaggine, quando sentono che la neve sta per spezzare loro le braccia le piegano verso il basso, scaricano il peso e le rialzano al loro posto.

Anche i carpini si fanno rompere le ossa per non cedere un millimetro, e così altri alberi, ma la maggior parte del bosco imite le betulle.” 

Tratto da: Mauro Corona – I fantasmi di pietra – Edizioni Mondadori

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