Il “Kemari” (蹴鞠) fu un gioco molto amato da cortigiani e samurai, si dice che anche il grande comandante Oda Nobunaga (織田 信長) ne fosse appassionato.
I giocatori erano vestiti con una larga vestaglia di seta, un cappello nero inamidato, avevano ai piedi un paio di zoccoli molto pesanti, ed erano sotto la protezione di Mari no kami (il Dio del calcio con tre teste).
La squadra era composta da otto giocatori che si esibivano in gesti atletici che esaltassero la sensibilità estetica del gioco.
Era davvero un “bel gioco”; si giocava nella corte di un santuario o di un palazzo, il cui cortile era ricoperto di ghiaia, meticolosamente rastrellata (kakari).
La palla (Mari鞠 ) era costruita in pelle di daino, con i peli rivolti verso l’interno, per rendere la superficie esterna liscia, era riempita di semi d’orzo fino ad ottenerne la forma sferica e poi era svuotata. Prima del gioco, la palla era esorcizzata (benedetta) da un monaco shintoista.
L’inizio della partita era preceduto dall’inchino rituale, come nelle arti marziali.
I giocatori non erano in competizione, bensì cooperavano fra loro. Essi dovevano passarsi la palla con i piedi, mantenendola sempre in aria per tutta la durata degli scambi, creando un effetto armonioso. Durante gli scambi i giocatori facevano commenti sulle stagioni o sulla malinconica caduta dei fiori di ciliegio ed applaudivano vigorosamente quando uno dei loro compagni eseguiva un movimento particolarmente artistico e armonioso.
Tratto da: Stephen Turnbull – Samurai manuale (non autorizzato) del giovane guerriero – ed. L’Ippocampo e Wikipedia (vedi link)
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